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“La gabbia”

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Foto di copertina: Palazzo di Giustizia, Milano

10 gennaio 2020 – “Detenuto di attesa di giudizio”, un di Nanni Loy del 1971 con uno strepitoso Alberto Sordi in una delle sue rare interpretazioni drammatiche. Per la prima vengono mostrati su di uno schermo cinematografico, l’arretratezza e l’inadeguatezza dei sistemi giudiziario e carcerario italiano ed è per questo motivo che la pellicola genera molto scalpore. Quarantanove anni dopo quel titolo cinematografico può tornare nuovamente di moda. Perché? Perché dallo scorso 1° gennaio è stata abolita la prescrizione dopo le sentenze di primo grado, dando quindi la certezza alle vittime di poter vedere i propri aguzzini condannati, ma, allo stesso tempo, creando per questi ultimi la possibilità di dover vivere delle vere e proprie odissee giudiziarie, con la remota possibilità (se si è imputati in età avanzata) di non arrivare a vedere la fine del proprio processo.

Divisioni bicolori L’approvazione della legge sulla prescrizione ha nuovamente fatto emergere la formazione bicolore di questo governo giallorosso. Il gruppo pentastellato (specialmente il ministro della giustizia Alfonso Bonafede) ha infatti esultato al passaggio della legge, festeggiando un’altra vittoria per una delle sue storiche battaglie. Scettico, invece, il partito democratico, il quale pensa che non sia questa la soluzione adatta a far sì che nessun colpevole rimanga impunito. “Non sono assolutamente d’accordo con i 5 Stelle sulla prescrizione”, ha affermato il segretario del PD Nicola Zingaretti. “Penso che debbano scendere a compromessi come abbiamo fatto noi quando abbiamo accettato la riduzione dei parlamentari. In Italia oltre al ‘fine pena mai’ non può esserci il ‘fine processo mai’”. Una importante dichiarazione quella di Zingaretti, sulla quale ritorneremo successivamente.

Le opposizioni Si è fatto ovviamente subito sentire Matteo Salvini con la sua possente voce oppositiva, definendo uno “scempio” la riforma della legge sula prescrizione. Giorgia Meloni ha invece affermato che tale riforma nega la “certezza del diritto” agli imputati. Estremamente critico anche Silvio Berlusconi, il quale ha definito il provvedimento uno dei “progetti di legge terrificanti” ideati dal ministro Alfonso Bonafede. Sul piede di guerra nei confronti della variazione della legge, sono invece tutti gli avvocati d’Italia, dato che essa aggraverebbe, e non di poco, il lavoro di tutti i legali d’Italia. Divisi sull’efficacia del provvedimento sono invece i magistrati.

Imputati per sempre Sia dal punto di vista delle vittime, sia dal punto di vista degli imputati si tratta di un provvedimento giusto solo in parte. Le vittime, infatti, vedranno garantita la condanna dei loro aguzzini dopo il primo grado, ma dovranno anche loro sopportare la possibilità che un processo possa arrivare a durare più di dieci anni. Non parliamo poi delle negatività che si presentano per coloro che si vedono imputati in un processo: potrebbero diventare “imputati per sempre” e trascorrere la loro all’interno delle aule di tribunale, le quali diventeranno per loro delle vere e proprie gabbie, sempre che poi non siano stati arrestati preventivamente per la possibilità di reiterazione del reato. Potrebbero però anche sfuggire per molto tempo alla condanna definitiva, sfruttando quindi questa situazione.

Il tempo Non è di certo questa la situazione finale al problema dei processi infiniti in Italia. Lo ha capito da subito anche lo stesso governo, il quale ha convocato ieri sera (9 gennaio) alle 18 e 30 a Palazzo Chigi un nuovo vertice sulla prescrizione, all’interno del quale si è parlato di effettuare una distinzione fra i “condannati” e gli “assolti”. Non sono stati poi fatti altri grandi passi avanti all’interno del vertice (durato 4 ore), ma il guardiasigilli Bonafede si dice comunque ottimista. Siamo però dell’opinione che il modo per far sì che ogni processo in Italia abbia una fine certa e non duri un’eternità si può trovare attraverso una soluzione banale ed arcinota a tutti: lo snellimento dei tempi burocratici e l’informatizzazione dei sistemi giudiziari. Molte ed interessanti soluzioni sono state proposte dal giornalista Marco Travaglio lo scorso 7 gennaio a DiMartedì su La7, sottolineando come alcune procedure penali giudiziarie siano del tutto antiquate ed obsolete ormai nel 2020.

Minacce Il PD, comunque, vuole tutelarsi e, nel caso di un mancato accordo, minaccia già da ora di non supportare la riforma voluta dai Cinque Stelle e votare quindi la proposta di legge del deputato forzista Enrico Costa (calendarizzata per il 14 gennaio), la quale farebbe tornare la situazione a come era prima dello scorso 1° gennaio. Questa scelta causerebbe, di certo, un’insanabile spaccatura all’interno della maggioranza. Vi ricorda la TAV?

Musica musica A far da colonna sonora a questo primo articolo del 2020 di “PoliticalMente” troviamo di certo una voce importante del panorama musicale italiano: Domenico Modugno. Di “Mister Volare” abbiamo scelto la canzone “La gabbia” e poco sopra spieghiamo come un tribunale possa diventare proprio una gabbia per gli imputati in caso di “fine processo mai” (ma anche per le vittime). Il brano, del 1970, fu la sigla del popolare show radiofonico “Gran varietà” e venne arrangiato dal Maestro Piero Pintucci, con i cori dei “Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni”.

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