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La mia vita in Germania ai tempi del Coronavirus

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POTSDAM (Germany) – 27 marzo 2020 –” Vivere all’estero, lontano dai propri cari, non è mai semplice, per di più in un periodo come questo dove la preoccupazione è molto alta. Con questa frase mi piacerebbe iniziare un piccolo viaggio lungo quello che è il coronavirus fuori dall’Italia.

Premessa Non sarò critico e non scriverò nulla di prettamente scientifico perché non è il mio campo quindi preferisco rimanere imparziale (nella foto sotto, mentre sono all’opera all’Università). Quello che cercherò di raccontare è il modo con cui la Germania sta affrontando questa pandemia (qui è il mio unico cenno scientifico: il termine “pandemia” non è riferito alla virulenza o alla letalità di una malattia, ma semplicemente ad una epidemia che è diffusa simultaneamente in più Paesi del mondo: molti considerano una pandemia una cosa molto grave e una epidemia no, ma vorrei precisare che una pandemia, se noi guardiamo ad una sola nazione o ad un solo continente non è altro che una epidemia).

Non era preoccupante Iniziamo quindi questo viaggio dicendo subito che il Covid-19 in Germania inizialmente non preoccupava. La prima volta che ho osservato effettivamente una sensibilizzazione nelle persone (credo che sia doveroso precisare non che prima nessuno era interessato ma semplicemente che questo coronavirus era considerato un qualcosa di “lontano”) è stato il 19 marzo dopo il discorso della Cancelliera Angela Merkel. Qui c’è una prima differenza tra l’Italia e il paese in cui vivo adesso. In Germania le persone credono e si fidano di chi li governa e delle decisioni che vengono prese, in particolare in momenti come questi (in Italia ho notato che c’è ancora chi fa propaganda e critica a livello politico).

Le misure attuate in Germania La seconda differenza è una conseguenza della prima e si può osservare nelle misure di contenimento attuate in Germania. Tralasciando la Baviera, nel resto della nazione non c’è quarantena e la vita è cambiata ma non in maniera radicale (scuole, università, chiese, palestre, discoteche e alcuni negozi sono chiusi, ristoranti e bar sono aperti fino alle 18.00, nei supermercati è stata introdotta la distanza di sicurezza di un metro e mezzo, ma i barbieri, per esempio, possono lavorare senza alcun problema). Nonostante questo in Germania non ci sono ancora molti morti, sperando che non aumentino nelle prossime ore. Questa differenza potrebbe essere dovuta ad un’infinità di motivazioni: età media della popolazione, sistema sanitario (inteso come posti in terapia intensiva), anziani non molto inseriti nella società (per esempio qui già un bambino di 10 anni torna da scuola senza bisogno di qualcuno, spesso i nonni, che vada a “riprenderlo” all’uscita).

La cultura Però io sono convinto che un fattore che gioca un ruolo fondamentale è la cultura. Per esempio Angela Merkel nel suo discorso, precedentemente citato, si è affidata molto al senso di responsabilità dei cittadini tedeschi. E devo dire che senza introdurre nessun obbligo, TUTTI hanno seguito le sue indicazioni, e cioè di limitare le uscite e il contatto con le altre persone. Esattamente quello quindi che ci è stato chiesto in Italia ma che nonostante i decreti e quindi gli obblighi introdotti, non viene rispettato da tutti.

Arriviamo quindi alla terza differenza. Premetto che io non ho la tv quindi non posso dire al 100% che questa cosa sia vera. Parlando con le persone ho capito che i media non stanno facendo un “business” su questo argomento. Mi spiego meglio. I telegiornali per esempio parlano del coronavirus, ma non per tanti minuti come succede in Italia. Il tempo dedicato a questo argomento è limitato a circa 5 minuti e questo semplicemente perché si tende a mantenere una netta distanza tra fantascienza e scienza. Qui si aprirebbe un mondo. In Germania mai e poi mai un giornalista si sognerebbe di mettere in discussione una rivista del calibro di Nature, paragonandola ad un giornale nazionale, per quanto importante sia. Questo in Italia invece accade, e lo posso dire perché proprio ieri mi è capitato di imbattermi in un post su facebook di una giornalista (che lavora in giornali di rilevanza nazionale) che, neanche sapendo la differenza tra un virus e un batterio, criticava Nature, reputandosi esperta di CoVid-19.

Il mio pensiero sulle notizie relative al Covid In questo ambito importante è sottolineare come in Germania i giornalisti raccontano argomenti di cronaca e non fanno speculazioni basate sul niente e soprattutto non impauriscono le persone. Potrebbe sembrare stupido ma secondo me se anche in Italia i giornalisti facessero un pochino più i giornalisti e un pochino meno gli scienziati (attenzione perché scienziato è una grande parola che neanche i veri scienziati vorrebbero sentire: loro preferirebbero essere chiamati ricercatori), il problema del coronavirus potrebbe essere affrontato in maniera un pochino più “soft” da chiunque: mettendosi nei panni di una persona che viene contagiata, con tutta la storia creata intorno al coronavirus, sembra che quella persona sia già morta, invece non è assolutamente vero perché dal coronavirus si può guarire (anzi chi non ha patologie pregresse tendenzialmente guarisce, mentre chi ha patologie pregresse è più facile che muoia ma questo non è detto perché ogni organismo risponde in maniera diversa e, scusatemi se lo dico, ma lo stato d’animo di una persona può influenzare il metabolismo e le difese immunitarie di quella stessa persona). Quello che voglio dire e che secondo me è sbagliatissimo il comportamento di coloro che hanno reso questo virus più grande di quello che è: ad oggi in Italia, lasciatemelo dire anche se so già di ricevere tante critiche, uccide più la parola coronavirus che il virus in se per se.

Cerco di informarmi bene sul tema Sul tema del coronavirus, io (per quanto non ho molto tempo) cerco di leggere, studiare e informarmi, possibilmente consultando articoli scientifici, scritti da ricercatori e pubblicati su riviste scientifiche di reputazione mondiale. Considerate che questi articoli sono veritieri e vi spiego subito il perché: ogni articolo prima di essere pubblicato in queste riviste viene revisionato da almeno altri 2 ricercatori, esperti in quello stesso campo e che nella maggior parte dei casi sono in competizione (a livello lavorativo) con chi lo ha scritto. In alternativa a questi articoli scientifici che spesso sono molto tecnici e difficili da capire per chi non è dentro l’argomento (leggere qualcosa di questi articoli fa bene per capire quante poche cose sa a proposito di un argomento chi si considera grande esperto su quell’argomento), si può leggere ovviamente anche i normali giornali ma prima di condividere cose su facebook (sto parlando di informazioni prettamente scientifiche e non di informazioni di cronaca) o di ‘sparare’ notizie (tipo farmaci miracolosi, vaccini presenti in altre parti del mondo ma tenuti nascosti, rilascio di virus altamente patogeni da laboratori segreti) bisognerebbe fermarsi, ragionare 5 minuti, mettersi in discussione magari anche confrontandosi con qualcuno che la pensa diversamente e poi condividere.

Come è cambiata la mia vita Per concludere, vi racconto come è cambiata la mia vita a seguito del coronavirus. Innanzitutto vi dico che io sono in Germania per fare un Dottorato, e sto lavorando in un Centro di Ricerca in Potsdam. Di certo non posso dirvi cosa sta accadendo a Berlino perché Potsdam, con circa 150.000 abitanti è comunque molto più piccola di Berlino, anche se è la capitale del Brandeburgo (la stessa regione dove è Berlino) ed è ad appena 15 minuti di treno da Berlino. La domanda è se la mia routine di vita a seguito di questo virus è cambiata. Personalmente devo dire di si perché l’Istituto è stato chiuso per cui non posso usare i laboratori (anche se ho ottenuto uno speciale permesso per cui posso recarmi lì 3 volte a settimana). Ora potete capire un dottorando senza laboratorio è come un calciatore senza pallone. Devo lavorare da casa il che per me significa produttività molto più bassa. Per quanto riguarda la gente in giro devo dire che si, si nota un po’ di differenza ma le persone sono relativamente tranquille, e non c’è  la pazzia che invece mi raccontano o vedo (da facebook) in Italia”

(nella foto di copertina, la città tedesca di Potsdam)

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