11 ottobre 2019 – “Dammi una lametta che ti taglio le poltrone”: rielaborando la celebre canzone di Donatella Rettore, questo potrebbe diventare il ritornello della settimana. Dallo scorso martedì 8 ottobre è infatti ufficiale: il governo “giallo-rosso” ha tagliato il numero dei parlamentari. Si trattava del quarto ed ultimo passaggio parlamentare previsto per una riforma di carattere costituzionale. Sui 567 votanti presenti alla Camera dei Deputati hanno votato sì 553 onorevoli. 14 i contrari e 2 gli astenuti. Governo ed opposizione hanno entrambi votato a favore alla riforma. I 14 voti contrari sono tutti provenienti dal gruppo misto, tranne quello dell’onorevole Marzia Ferraioli di Fratelli d’Italia. Il PD ha votato sì alla riforma costituzionale dopo aver ricevuto dal M5S alcune rassicurazioni, come il varo di una nuova legge elettorale (ormai obbligatoria) entro il mese di dicembre. In definitiva, i senatori passeranno da 315 a 200, mentre i deputati scenderanno da 630 a 400. Se prima le due camere avevano un totale di 945 parlamentari, alla prossima tornata elettorale (salvo sorprese) scenderanno a 600. Un taglio di oltre il 30 %.
Noi no! Fermamente contrari al taglio sono stati, da sempre, i parlamentari di +Europa (capitanati da Emma Bonino e da Benedetto Della Vedova), i quali, durante la votazione, hanno vivamente protestato davanti a Montecitorio. “Una devastazione degli equilibri costituzionali”: con queste parole Della Vedova ha definito la riforma costituzionale in quel momento in voto alla Camera. “Io ho paura dei danni irreparabili per la democrazia italiana che deriveranno sul piano istituzionale dalla mera amputazione della rappresentanza democratica e sul piano politico dalla capitolazione di tutti i partiti – tutti, nessuno escluso, a parte +Europa – all’ideologia antiparlamentare del M5S. Ormai si parla del Parlamento come di un puro centro di costo, come un ente inutile che potrebbe essere ridotto a una sorta di Cda della piattaforma Rousseau”, questa invece la dura (nemmeno poco) dichiarazione di Emma Bonino.
Basta un poco di zucchero… Ma quella ingogliata da Roberto Giachetti (Italia Viva) è stata una pillola fortemente amara. Il deputato ex-pd, pur se contrario alla riforma, ha votato comunque a favore, rispettando così la parola data al suo gruppo parlamentare ed al governo. “Io lo voterò, ma non lo faccio convintamente. Lo voto perché sta dentro un accordo di programma, quello di questo governo. Oggi voterò sì ma non è finita qui per quel che mi riguarda. Finisce il mio dovere di lealtà al governo su questo tema. Un secondo dopo il mio voto su questa riforma, mi adopererò affinché assieme alla mia firma vi sia il numero necessario tra Camera e Senato per ottenere lo svolgimento del referendum. Se ci fossero le firme necessarie costituirò un comitato per il no a questa riforma” questa la dichiarazione resa alla Camera dall’onorevole Giachetti prima del voto finale alla riforma. La coerenza, quella vecchia bestia…
Referendum Trattandosi di una riforma di carattere costituzionale il testo può essere sottoposto ad un referendum di carattere confermativo, così come previsto dall’articolo 138 della Costituzione. Ciò deve avvenire entro i tre mesi successivi dal momento che la legge ha ottenuto maggioranza assoluta dei voti dei due terzi alla seconda votazione alla Camera dei Deputati. La consultazione referendaria potrà essere richiesta da un quinto dei membri di una delle due Camere, da 500.000 elettori o da cinque consigli regionali.
Cose da fare Dopo questa “grande vittoria”, il lavoro del governo non finisce però qui. Legati a questa riforma vi sono infatti diversi cambiamenti da attuare nel minor tempo possibile: l’elezione dei senatori della repubblica estesa anche ai 18enni, la riforma costituzionale per modificare la “platea” elettrice del presidente della Repubblica, la modifica dell’elezione del Senato non più a base regionale e (come prima anticipato) il varo di una nuova legge elettorale, sperando vivamente che (quella nuova) possa garantire una maggiore stabilità di governo.
I conti in tasca Se per Luigi Di Maio il taglio dei parlamentari farà risparmiare alle casse della Repubblica circa 100 milioni di euro all’anno, così non la pensa l’Osservatorio dei Conti Pubblici (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), guidato da Carlo Cottarelli. L’ente ha infatti stimato che la riforma farebbe risparmiare allo stato 82 milioni lordi di euro all’anno, i quali diventerebbero, al netto delle imposte, circa 57 milioni di euro netti. Agli italiani rimarrebbero quindi 0,94 € a cranio. Come direbbe il buon Gianni Rodari: “cento lire in tasca”.