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“O cara moglie” Lo stabilimento ex-Ilva richia di chiudere dopo il passo indietro di ArcelorMittal: cosa intende fare il governo?

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8 novembre 2019 – Sono giorni di fermento a Taranto da quando, lo scorso lunedì 4 novembre, il colosso industriale mondiale della metallurgia ArcelorMittal ha dichiarato che avrebbe fatto un passo indietro nella gestione dell’azienda. Il problema, poi, diventa ancora più grande quando si viene a sapere che la procedura di disimpegno avviata dall’azienda riguarda non solo lo stabilimento ex-Ilva di Taranto, ma tutta Italia. Perché la compagnia indiana ha deciso ciò? Per la mancanza dello scudo penale introdotto nel 2015 dall’allora governo Renzi e rimosso dal governo giallo-verde lo scorso aprile.

Lo scudo penale Si tratta, in sostanza, di una misura protettiva nei confronti nei nuovi proprietari dello stabilimento ex-Ilva i quali sarebbero stati protette legalmente da condanne penali nel caso di eventuali violazioni commesse da ArcelorMittal dal momento dell’acquisizione dell’azienda sino al termine di scadenza concesso per l’attuazione del risanamento ambientale (2023). La parte grillina del passato governo giallo-verde ha reputato tale norma un privilegio non legittimo ed ha quindi deciso di eliminarla nell’aprile 2019. Il 6 settembre scorso, invece, è scaduto il termine ultimo di esonero dalle responsabilità e già alcuni giorni prima ArcelorMittal aveva minacciato di abbandonare l’ex-Ilva. Lo scudo penale, date le parole di ArcelorMittal, era quindi ritornato in ballo, ma le pressioni pentastellate (specialmente quelle di Barbara Lezzi) lo hanno definitivamente spazzato via durante l’approvazione del “decreto salva-imprese”.

Sciopero spaccato Non tutti i 10.777 lavoratori dell’ex-Ilva appartengono, ovviamente, allo stesso sindacato ed anche loro, come i politici al governo, si sono inizialmente spaccati. La Cisl-Fim aveva infatti annunciato alla stampa uno sciopero immediato mentre gli altri (Fiom, Uilm) avevano sospeso ogni decisione nell’attesa del tavolo del governo con i dirigenti della multinazionale. I sindacati si sono poi però ricompattati, annunciando uno sciopero di 24 ore a partire dalle 7 di venerdì 8 novembre da parte delle sigle Fiom, Fim e Uilm. Lo sciopero interesserà tutti gli stabilimenti italiani.

Attacchi Ad attaccare la gestione del caso ex-Ilva è subito arrivata la coalizione di centrodestra, la quale ha nuovamente ricordato all’esecutivo, senza molto fantasia, di essere un “governo di incapaci”. Salvini ha poi detto che, in caso di chiusura dell’azienda, un presidente del consiglio dei ministri serio dovrebbe subitamente dimettersi. Dimentica forse però che l’abolizione dello scudo penale era stata votata anche da lui durante il governo gialloverde.

Alibi Da Barbara Lezzi ad Antonio Talò (segretario generale della Uilm di Taranto) molti pensano però che quello dello scudo penale sia per la ArcelorMittal un alibi per poter abbandonare il mercato metallurgico italiano, reputato oggi “non più competitivo”. Infatti, anche se venisse ripristinato lo scudo penale, l’azienda avrebbe comunque intenzione di voler abbandonare il mercato italiano, in quanto, a causa di un provvedimento dell’autorità giudiziaria di Taranto, potrebbe di nuovo spento l’altoforno 2 e con esso anche gli altiforni 1 e 4, andando ad incidere quindi sulla produttività dello stabilimento. È da ricordare poi come l’ex-Ilva di Taranto faccia perdere alla multinazionale circa 2 milioni di euro al giorno. La chiusura dell’azienda di Taranto, poi, inciderebbe sul PIL nazionale per lo 0,2% in negativo, causando quindi una perdita di circa 3,5 miliardi di euro.

Esuberi Lo scudo penale è quindi tornato nuovamente in ballo. ArcelorMittal potrebbe quindi non lasciare l’Italia se lo scudo venisse reintrodotto, a patto che vengano effettuati 5.000 esuberi. Proposta ritenuta inaccettabile dal presidente del consiglio Giuseppe Conte.

Sicurezza E non si parla di sicurezza sul lavoro, ma sicurezza del lavoro. Ancora nel 2019, infatti, lavorare per una grande multinazionale non rappresenta più una certezza, ma in molti casi (e questo è uno di quelli) un dubbio. Nessun futuro, nessuna certezza, nessuna sicurezza, anzi, solo tanta insicurezza. Sarà mai possibile per tutti potersi costruire un futuro certo senza l’ombra di un licenziamento per ingiusta causa dietro l’angolo?

Musica musica L’ambiente fuori dallo stabilimento ex-Ilva ricorda molto quello delle vecchie manifestazioni sindacali dell’autunno caldo del 1969. Ho quindi deciso di omaggiare il cantautore Ivan Della Mea dando all’articolo il titolo di “O cara moglie”, suo brano pubblicato nel 1966 e successivamente re-inciso nel 1978 all’interno del disco “La piccola ragione di allegria” (versione che è possibile ascoltare tramite il video allegato). La situazione degli operai della ArcelorMittal non è molto diversa da quella dell’uomo protagonista del brano.

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