Avigliano News

“Vado via”

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24 gennaio 2020 – Era una voce che circolava da tempo e le cui indiscrezioni si facevano sempre più forti. Dopo mille smentite, quella voce è diventata realtà l’altro ieri (21 gennaio, ndr): Luigi Di Maio si è dimesso da Capo Politico del Movimento Cinque Stelle. Come luogo, Di Maio ha scelto il Tempio di Adriano a Roma, dove era prevista la presentazione delle figure dei facilitatori regionali del Movimento, appena eletti. A succedere come reggente a Di Maio, che ha lasciato anche la carica di capo delegazione del Governo, sarà il senatore palermitano Vito Crimi, in quanto membro più anziano del Consiglio di garanzia. Durante gli Stati Generali previsti nel mese di marzo, verrà nominato il nuovo Capo Politico di carica. Di Maio resterà, per ora, Ministro degli Esteri.

Gigì Da niente a tutto, da steward a vice-presidente del consiglio dei ministri (nel momento più alto della sua carriera): così è per ora sintetizzabile la carriera politica (e anche lavorativa) di Luigi Di Maio. Qualcuno, e non a torto, lo definisce un miracolato. Di certo non tutti possono fregiarsi, all’interno del proprio curriculum vitae, di essere diventati ministro del lavoro all’età di 32 anni non ancora compiuti, specialmente poi se un lavoro vero e proprio prima non l’hanno mai del tutto fatto. Dopo i primi difficili anni a carattere regionale (come candidato consigliere comunale a Pomigliano D’Arco nel 2010 ricevette solo 59 preferenze), una volta avvenuta l’elezione come deputato per “Gigino” tutto sembrava in discesa; sempre presente in TV, viene preferito a Di Battista come “rappresentante eletto” del Movimento in quanto maggiormente istituzionale rispetto al suo diretto “competitor”. I primi venti di crisi arrivano solo a fine 2016 a causa del “Caso Marra” inerente il comune di Roma, all’interno del quale Di Maio aveva preso una posizione difensiva nei confronti di Virginia Raggi. Luigi ne esce indenne e vittorioso, facendo fare la figura di “dissidenti” alla corrente più ortodossa del Movimento.

Star È il 23 settembre del 2017, invece, quando a “Italia a 5 Stelle” a Rimini Di Maio viene incoronato vero e proprio Capo Politico del Movimento: sarà lui ad assumere il ruolo di Premier in caso di vittoria pentastellata alle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Il giorno arriva e per il M5S è un successo: sono il primo partito in Italia con quasi il 32% dei voti. Non è però oro tutto quello che luccica: i numeri non bastano per poter governare in solitaria. È quindi obbligatorio dover fare un governo di coalizione e sarà questa la mossa che farà sprofondare Gigi ed il suo Movimento: l’alleanza con la Lega.

Umiltà Il confronto con l’altro vice-presidente del consiglio non regge: Di Maio diventa l’ombra di Matteo Salvini e deve tentare in tutti i modi di restare a galla per seguirne la popolarità e la visibilità. Si cominciano a perdere anche consensi, sia alle elezioni regionali sia (soprattutto) alle Europee del 2019, con il Movimento arrivato al 17% dietro sia alla Lega (ora primo partito) che al PD. Il disastro definitivo arriva il 27 ottobre dello stesso anno con le elezioni regionali in Umbria: il M5S si ferma infatti al 7%. Arriva il tempo delle critiche vere e degli attacchi, con conseguenti uscite dal partito di alcuni esponenti grillini (Paragone su tutti).

This this the end Tante crititiche, tanti attacchi ed alla fine l’annuncio (da tanti desiderato): Di Maio lascia la guida del Movimento come Capo Politico. Un discorso pregnante il suo, fatto di una introduzione abbastanza di pragmatica sui facilitatori (presentati durante l’evento) e sul percorso verso gli Stati Generali del Movimento. A ciò è però seguito un duro attacco ai franchi tiratori interni al Movimento stesso. “I peggiori nemici sono all’interno. Sono quelli che lavorano non per il gruppo ma per la loro visibilità”; ha detto Di Maio. “Molti in questi mesi mi hanno accusato di esser stato troppo ingenuo: non mi sento tale ma preferisco passare per ingenuo che essere considerato un imbroglione. E personalmente continuo a pensarlo nonostante i tanti tradimenti”, ha poi proseguito”. “Il fuoco amico grida vendetta. C’è chi ha giocato al ‘tutti contro tutti’. Basta pugnalate alle spalle. Chiedo un po’ di pudore”. E a questo punto assicura: “Non mollerò mai, il Movimento è la mia famiglia. È finita una fase ma non il mio percorso”. Infine i ringraziamenti a Mattarella, Casaleggio, Grillo e (a sorpresa) a Giuseppe Conte del quale ha detto: “Non sempre siamo stati d’accordo ma sono orgoglioso della scelta fatta”. Poi la liberazione dal laccio simbolo del potere e dell’istituzionalità: la cravatta. Luigi Di Maio se la toglie e torna a respirare in libertà.

Musica musica Siamo vicini al 70° Festivàl di Sanremo (lo si sente dalle polemiche in crescendo) e non potevamo che scegliere un brano proveniente da questa manifestazione: siamo nel 1973 e Gianpiero Anelli in arte Drupi partecipa al suo primo Sanremo con la canzone “Vado via”. Al Festivàl non arriverà nemmeno in finale, ma il brano raccoglierà un enorme successo in Italia e all’estero. L’arrangiamento e la direzione dell’orchestra sono curati dal Maestro Gianfranco Lombardi.

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